La storia

Since 1922

L’Autodromo Nazionale Monza è universalmente conosciuto come il Tempio della Velocità e rappresenta un punto di riferimento per gli sport motoristici. Costruito nel 1922, terzo al mondo dopo quelli di Brooklands e Indianapolis, è stato teatro di alcune tra le più grandi innovazioni sportive e tecnologiche. La sua sopraelevata (link pagina dedicata) è unica al mondo e sulle sue curve sono state scritte importanti pagine dell’automobilismo mondiale ma anche della ricerca scientifica. Il telepass, i guard-rail e l’asfalto drenante, per citarne alcuni, sono stati studiati e messi a punto proprio a Monza.

1922 – 1928

La costruzione dell’Autodromo Nazionale Monza fu decisa nel gennaio del 1922 dall’Automobile Club di Milano, con lo scopo di celebrare il 25° anniversario di nascita dell’Associazione. La realizzazione di un autodromo era suggerita dalle esigenze tecniche e commerciali delle varie case costruttrici nazionali che, già allora, miravano all’esportazione. Un impianto stabile da destinare alle competizioni motoristiche avrebbe consentito anche di svolgere prove sperimentali di ogni tipo. Pertanto, furono inclusi nel progetto settori per lo sviluppo delle velocità, affiancati da settori di conformazione più varia capaci di sollecitare il complesso degli organi meccanici.

A ciò si aggiungevano i buoni risultati tecnici e sportivi del primo Gran Premio automobilistico d’Italia, disputato l’anno prima sul circuito semi-permanente di Montichiari, veloce ma non sufficientemente attrezzato. Qui il francese Goux su Ballot aveva stabilito la rispettabile media di quasi 145 km orari su una distanza di 519 chilometri. Bisognava trovare una sede degna al Gran Premio d’Italia, che mirava a ricalcare i fasti del già affermato Gran Prix dell’Automobile Club di Francia.

Per la realizzazione e la gestione dell’Autodromo fu costituita presso l’Automobile Club di Milano la Società Incremento Automobilismo e Sport (S.I.A.S.) a capitale interamente privato e presieduta dal senatore Silvio Crespi. Il progetto fu affidato all’architetto Alfredo Rosselli. In fase preliminare si era pensato a una pista di velocità e a un anello stradale affiancati, con uno sviluppo complessivo di 14 chilometri e un costo preventivato di 6 milioni di lire.

La prima pietra fu posata da Vincenzo Lancia e Felice Nazzaro alla fine di febbraio del 1922, ma subito fu ordinata la sospensione dei lavori per motivi di “valore artistico, monumentale e di conservazione del paesaggio”. Nell’intricato sviluppo delle polemiche prevalse la tesi dell’assoluta necessità di un autodromo, così alla fine fu realizzato un circuito dalle caratteristiche analoghe a quelle previste in origine, sia pure con lo sviluppo complessivo ridotto a 10 chilometri.

I lavori iniziarono il 15 maggio con l’impegno che fossero ultimati entro il 15 agosto: vi furono adibiti 3500 operai, 200 carri, 30 autocarri e una ferrovia Decauville di 5 chilometri con 2 locomotori e 80 vagoni. L’Autodromo fu costruito nel tempo record di centodieci giorni e la pista fu percorsa nell’intero suo sviluppo per la prima volta il 28 luglio da Pietro Bordino e Felice Nazzaro a bordo di una Fiat 570.
Il circuito comprendeva una pista stradale di 5,5 km e un anello per l’alta velocità di 4,5 km, caratterizzato da due curve sopraelevate che consentivano una velocità massima teorica di 180/190 chilometri l’ora; le curve sopraelevate erano raccordate da due rettifili lunghi 1070 metri ciascuno. Le due piste si intersecavano a due livelli mediante un sottopasso in zona Serraglio.

Il pubblico era ospitato in due zone distinte: la tribuna d’onore con una capienza di 3000 posti e sei tribune laterali da 1000 posti ciascuna. Il recinto parco comprendeva gradinate all’esterno delle curve per l’alta velocità, della curvetta sud e in prossimità della confluenza tra le due piste.

L’apertura ufficiale dell’impianto avvenne il 3 settembre 1922 in una giornata di pioggia, alla presenza del Presidente del Consiglio Facta, con la disputa di una gara per vetturette che fu vinta da Pietro Bordino su una Fiat 501 modello corsa.

Il giorno 8 settembre seguì il Gran Premio motociclistico delle Nazioni, concluso con la vittoria assoluta di Amedeo Ruggeri su Harley Davidson 1000 e caratterizzato dalla splendida affermazione di Gnesa con la Garelli 350 due tempi nella classe 500, e il 10 settembre si gareggiò per il secondo Gran Premio automobilistico d’Italia che fu appannaggio ancora di Bordino sulla Fiat 804 a 6 cilindri.

1929 — 1939

Nel 1929 le vetture gareggiarono soltanto per il Gran Premio di Monza che, per motivi di sicurezza, fu disputato unicamente sull’anello d’alta velocità. In quell’occasione, Varzi su Alfa Romeo e Alfieri Maserati su Maserati toccarono per la prima volta i 200 chilometri l’ora nel giro più veloce. Il medesimo anello fu utilizzato nel 1931 per il Gran Premio di Monza di motociclismo in cui il vincitore assoluto Taruffi su Norton registrò medie sul giro di quasi 170 chilometri orari.

Nel frattempo, il presidente della Commissione Sportiva Automobilistica, Vincenzo Florio, aveva studiato un nuovo tracciato che lasciava inalterate le strutture del circuito: sul cosiddetto “circuito Florio”, dello sviluppo complessivo di circa 6.680 metri, si corsero i Gran Premi d’automobilismo e motociclismo del 1938.

Il circuito completo venne ripreso nel 1932 e 1933, anno in cui sulla curva sopraelevata Sud perdettero la vita a causa di una macchia d’olio Campari, Borzacchini e Czaykowski. Il triplice incidente mortale portò a una serie di scelte alternative, tra cui l’inserimento di due chicane artificiali: il risultato furono medie estremamente modeste, infatti, i vincitori Fagioli e Caracciola su Mercedes toccarono appena i 105 chilometri orari. Nei due anni successivi le automobili tornarono al “circuito Florio”, nel 1937 si gareggiò sul circuito di Livorno e nel ’38 si ebbe l’ultima esibizione sul “circuito Florio”, coronata dalla splendida vittoria di Tazio Nuvolari su Auto Union davanti alla forte squadra della Mercedes.

Per motivi politici, nel triennio 1932-34 le motociclette furono trasferite a Roma e disputarono il loro Gran Premio sul circuito del Littorio. Riapparvero a Monza nel critico 1935, l’anno della guerra etiopica e delle sanzioni economiche contro l’Italia, prendendo parte a una gara a solo carattere nazionale. In quella edizione, la Guzzi 500 bicilindrica stabilì una media generale di oltre 170 chilometri orari e la Rondine 500 a quattro cilindri sovralimentata i 172 km/h nel giro più veloce.

Riacquistata la veste di “classica” internazionale nel biennio 1936-37, la competizione motociclistica mise in evidenza la netta supremazia delle macchine italiane rispetto alle più celebrate tedesche. In entrambe le edizioni, le Moto Guzzi 250 superarono agevolmente e a medie assai elevate, superiori a quelle stabilite contemporaneamente nella classe 350, la DKW a 2 tempi sovralimentata, mentre nella classe 500 le BMW bicilindriche con compressore furono battute nel 1936 dalla Moto Guzzi bicilindrica di Tenni e nel 1937 dalla quattro cilindri Gilera sovralimentata di Aldrighetti che ottenne sul giro più veloce una media di oltre 177 orari.

Nel 1938 fu messo in atto un ampio programma di modifiche dell’impianto che comprendeva il rifacimento del tracciato stradale, l’abbattimento delle due curve sopraelevate della pista di velocità, la realizzazione di una nuova tribuna d’onore con più posti e ristorante al piano terra, nuovi box e fabbricati di servizio e il rinnovamento degli impianti delle classifiche per il pubblico. Il nuovo tracciato misurava 6.300 metri e fu utilizzato fino a tutto il 1954.

1940 — 1954

La guerra determinò la sospensione di ogni attività e durante il periodo bellico l’Autodromo assunse le più svariate funzioni, tra cui quella di rifugio per gli archivi del Pubblico Registro Automobilistico, per alcuni uffici dell’Automobile Club Milano e perfino per le fiere sfollate dal giardino zoologico di Milano.
Nell’aprile del 1945 sul rettifilo delle tribune marciò una parata di mezzi corazzati alleati che ne sgretolò il fondo. Poco più tardi vaste aree furono adibite a deposito di automezzi militari e di residui i bellici. Il ripristino integrale dell’autodromo fu deciso dall’Automobile Club Milano all’inizio del 1948. Per quell’anno le massime competizioni nazionali di automobilismo si svolsero a Torino sul circuito del Valentino, e quelle di motociclismo a Faenza.

In solo due mesi l’impianto tornò alla funzionalità originaria con la realizzazione delle modifiche predisposte alla fine del 1938 e non ancora realizzate. Il 17 ottobre, il rinato Autodromo di Monza ospitò il Gran Premio di Formula 1 che fu vinto dal francese Wimille su Alfa Romeo 158 e, una settimana più tardi, la breve stagione autunnale si concluse con l’ultima prova del Campionato motociclistico italiano.

È piuttosto difficile stabilire confronti tecnici tra il nuovo tracciato stradale e l’ultimo “Florio” del 1938. Infatti, nell’intervallo di tempo erano cambiate le formule costruttive: le monoposto da Gran Premio avevano motori sovralimentati di 1.500 cc (contro i 3.000 cc del 1938) o motori ad alimentazione atmosferica di 4.500 cc sino al 1951, la Formula 2 di 2.000 cc nel biennio 1952-53, la nuova Formula 1 di 2.500 cc del 1954. Nell’ambito motociclistico erano state invece vietate la sovralimentazione e le miscele carburanti speciali.
La velocità di 188 chilometri orari stabilita da Sanesi su Alfa Romeo nel giro più veloce del Gran Premio automobilistico, ma soprattutto le medie record ottenute sul giro nel Gran Premio motociclistico (177 orari per le 125 cc, 144 orari per le 250, 160 orari per le 500) stavano comunque a indicare che il nuovo percorso stradale era più veloce rispetto al “circuito Florio” di dieci anni prima.

Nel frattempo, le attività dell’Autodromo si erano arricchite di numerose manifestazioni: la Coppa Intereuropa per le vetture da turismo introdotta nel 1949, e il Gran Premio dell’Autodromo riservato alle monoposto di formula 2, a eccezione del 1953 in cui fu disputato con la Formula Sport Internazionale.

Nel 1954 si disputò il Gran Premio Supercortemaggiore, una gara sulla distanza di 1.000 chilometri sponsorizzata dalla massima azienda petrolifera nazionale e riservata alle vetture della categoria Sport fino a 5.000 cc. La gara fu vinta da Mike Hawthom su Ferrati e nell’anno successivo da Jeans Beerà su Maserati.

1955 — 1971

Nel 1955 si realizzarono opere che trasformarono l’intero complesso sotto il profilo della funzionalità. Si ripristinò un circuito di 10 chilometri complessivi comprendente, come il progetto del 1922, un settore stradale e un settore d’alta velocità adeguati alle nuove esigenze delle competizioni e ai tentativi di record. Fu pertanto realizzato un anello con due curve sopraelevate che ricalcava lo schema originario, con intersezione con il circuito stradale. Per quanto concerne il tracciato stradale, ne fu ridotta la lunghezza accorciando il rettifilo centrale e quello delle tribune, raccordati mediante la costruzione di una curva a falda unica e lieve inclinazione trasversale, caratterizzata da un raggio crescente verso l’uscita e perciò denominata “parabolica’. La lunghezza del tracciato era di 5.750 metri.

La nuova pista d’alta velocità misurava 4.250 metri ed era costruita su strutture in cemento armato anziché su terrapieno. Le due grandi curve sopraelevate, del raggio di 320 metri e con sopraelevazione a pendenza progressiva sino all’80% nella fascia superiore, erano calcolate per una velocità massima teorica di circa 285 km/h.

Altre migliorie agli impianti riguardavano:

  • la costruzione di due grandi torri con quadri luminosi poste ai lati della tribuna d’onore e di quattordici torrette metalliche (sette lungo il circuito stradale ed altre sette lungo la pista d’alta velocità) per l’esposizione delle classifiche al pubblico;
  • nuovi uffici per la direzione gara;
  • 39 box di rappresentanza;
  • un padiglione stampa a due piani;
  • lo spostamento della tribuna che si trovava all’esterno delle obsolete curve in porfido.

Questo circuito fu adottato per il Gran Premio automobilistico d’Italia negli anni 1955, 1956, 1960 e 1961. La sola pista d’alta velocità, oltre che per numerosi tentativi di record automobilistici e motociclistici, fu utilizzata nel biennio 1957-58 per la disputa delle 500 Miglia di Monza, una gara aperta alle vetture della Formula Indianapolis, valida per l’assegnazione del Trofeo dei Due Mondi messo in palio dalla pubblica amministrazione di Monza. Jimmy Brian e la sua Dean Van Lines Special vinsero due manche su tre e si aggiudicarono la competizione a una media generale di 257,594 km/h, con giro più veloce a 282,809 km/h.

L’anno successivo le case italiane schierarono due Ferrari (una di 4.000 ce e un’altra di 3.000 cc) affidate rispettivamente a Luigi Musso e Harry Shell, nonché una specialissima Maserati sponsorizzata dalla ditta dolciaria Eldorado e pilotata da Stirling Moss. Musso stabilì il miglior tempo di prova a 281 km orari, e la vettura, con la collaborazione di Mike Hawthorn e Phil Hill, si classificò al terzo posto nella graduatoria finale, mentre Moss su Maserati-Eldorado arrivò settimo. Vinse Jim Rathmann su Zink Leader Gard Slp a oltre 268 di media.

Un discorso diverso va fatto invece per le monoposto di Formula 1. Proprio in quegli anni, infatti, incominciarono ad affermarsi le nuove tendenze costruttive britanniche (motore posteriore, telai monoscocca o comunque ultraleggeri) che non si conciliavano con le sollecitazioni imposte dalle curve sopraelevate. Il tragico Gran Premio d’Italia 1961 che costò la vita al pilota Von Trips della Ferrari e a undici spettatori segnò la fine dell’uso di tale pista per le monoposto da Gran Premio.

Essa fu invece utilizzata per la Mille Chilometri di Monza, riservata alle categorie Sport, Prototipi e Gran Turismo, dal 1965 al 1969. La prima edizione fu vinta da Parkes-Guichet su Ferrari 330 P2. Dal 1966 furono introdotte due chicane fisse all’entrata delle curve sopraelevate e il tracciato risultò allungato di 100 metri. I vincitori di quelle edizioni furono Surtees-Parkes su Ferrari 330 P2 nel 1966, Bandini-Amon su Ferrari 330 P4 nel 1967, Hawkins-Hobbs su Ford GT 40 nel 1968, Siffert-Redman su Porsche 908 nel 1969. Dal 1970 la Mille Chilometri si trasferì sul circuito stradale di 5.750 metti e la prima edizione fu appannaggio di Rodriguez al volante della Porsche 917.

1972 — 1978

Nuove misure di sicurezza s’imponevano in relazione al progressivo aumento delle prestazioni delle vetture. Ciò era dovuto, oltre all’accresciuta potenza dei motori, all’adozione di pneumatici di grande sezione con mescola ad alto coefficiente di aderenza e battistrada liscio, nonché a dispositivi aerodinamici come gli alettoni posteriori e i “baffi” anteriori che consentivano velocità in curva assai superiori al passato. Le condizioni generali di equilibrio che ne scaturivano avevano determinato a Monza competizioni sempre più accese e pericolose, con raggruppamenti di numerose vetture nelle posizioni di testa. Le vetture stesse si erano fatte d’altra parte sempre più leggere e più fragili. Nel 1969 il Gran Premio d’Italia si concluse in volata; nel 1970 Regazzoni si distanziò intelligentemente a pochi giri dal termine; nel 1971 si ebbe un altro arrivo in volata. E questi caroselli avvenivano a medie generali sempre più prossime ai 250 chilometri orari.

Di conseguenza, in accordo con la G.P.D.A. (Grand Prix Drivers Association), nel 1972 furono realizzate due chicane che avevano lo scopo di ridurre la velocità all’entrata delle curve più rapide del tracciato, la curva “Grande” o “Curvone”, al termine del rettilineo delle tribune, e la curva “Ascari” o curva del “Vialone”. Su questo circuito, che misurava 5.775 metri, la velocità sul giro ottenuta con le monoposto scese a poco meno di 216 km/h. La media più elevata sul giro di questo circuito (223,501 km/h) fu ottenuta nel 1975 da Clay Regazzoni su Ferrari. Le chicane si rivelarono, però, una soluzione di ripiego e determinarono numerosi incidenti e collisioni, sia pure di lieve entità.

Parallelamente alle vetture, all’inizio degli anni Settanta anche le motociclette adottarono pneumatici di grandi dimensioni con mescola ad alto coefficiente di aderenza e più tardi a battistrada liscio che, permettendo ai piloti maggiori inclinazioni laterali, esaltavano le prestazioni velocistiche in curva accrescendo notevolmente il rischio di caduta e quindi il numero degli incidenti. Le moto peraltro continuavano a utilizzare il tracciato stradale senza chicane e nella prima metà del 1973 si verificarono due gravi incidenti. Il primo avvenne durante il Gran Premio delle Nazioni: poco dopo la partenza della classe 250, il grippaggio di un pistone della moto di Renzo Pasolini provocò una caduta generale che causò la morte dello stesso Pasolini e del finlandese Jarno Saarinen. Quaranta giorni più tardi, nel corso di una gara per juniores, caddero e si ferirono mortalmente nello stesso punto i piloti “gentlemen” Chionio, Galtrucco e Colombini.

Da quel momento, e sino al 1981, il Gran Premio motociclistico fu trasferito in altra sede e le moto gareggiarono a Monza soltanto sulla pista junior per i campionati minori. Anche in questo campo si erano toccati limiti di prestazione elevatissimi: poche ore prima dell’incidente, Pasolini aveva superato i 200 km/h di media sul giro con una 350 cc.

A seguito dei continui incidenti che denunciavano l’inefficienza delle chicane, nei tre anni seguenti si intrapresero lavori di notevole portata per sostituire le stesse con alcune modifiche di rallentamento del tracciato. Nel 1976, in sostituzione della chicane situata sul rettifilo delle tribune, fu realizzata una variante tale da ridurre la velocità a circa 100 km/h all’ingresso e 120 km/h alla fìne. La velocità massima sul rettifilo d’imbocco della curva Grande veniva così abbassata da oltre 300 a circa 180 km/h. Contemporaneamente un’altra variante fu costruita a circa 300 metri dall’ingresso della prima curva destra di Lesmo e portò la velocità massima sul rettifilo d’imbocco da 280 a 180 km/h. L’introduzione delle varianti portarono la lunghezza del tracciato stradale a 5.800 metri e ne ridussero notevolmente la velocità di percorrenza. Ronnie Peterson sulla March vinse in quell’anno il Gran Premio d’Italia a 199,749 km/h e stabilì il giro più veloce a 206,120 km/h, limite quest’ultimo migliorato da Mario Andretti con la Lotus nel 1977 (210,696 km/h) e nel 1978 (212,562 km/h).

1979 — 1988

Com’è noto, la ricerca del cosiddetto “effetto suolo”, perseguita mediante la speciale forma e la sigillatura con bandelle laterali del fondo delle vetture di F1, nonché la riduzione del peso e la quasi totale eliminazione delle sospensioni aumentarono ulteriormente la velocità in curva e ridussero sensibilmente il controllo del pilota sul comportamento della vettura. Per questo furono necessari interventi di adeguamento delle condizioni di sicurezza, oltre a sostanziali modifiche degli impianti.

Aderendo alle richieste della F.O.C.A. (l’Associazione dei Costruttori di Formula 1) l’area box fu ristrutturata così:

  • il numero dei box aumentò da 30 a 46;
  • dietro ai box fu creato un “paddock” e un recinto verifiche di oltre 9000 metri quadrati;
  • il corridoio box anteriore venne ampliato da 9 a 12 metri e suddiviso in tre corsie.

Gli edifici realizzati sono di suggestiva bellezza e, pur nelle loro dimensioni, si armonizzano con il parco circostante. Al riguardo, l’allora Presidente della FIA, Jean Marie Balestre, disse: “Nel rispetto dell’ambiente, un edificio straordinario è stato realizzato con intelligenza, creatività e passione, un’opera che fa onore all’Italia, al campionato del mondo, allo sport automobilistico”.

Furono migliorate anche le condizioni di sicurezza con le seguenti misure:

  • ulteriore ampliamento della banchina esterna nel tratto di circa 300 metri della curva Grande sino alla curva della Roggia, con conseguente spostamento dell’esistente ponte Dunlop (poi Campari) e l’estensione della banchina esterna lungo gli ultimi 300 metri della curva “Parabolica”, pure con sistemazione in sabbia e installazione di barriere di pneumatici;
  • sostituzione dei cordoli interni di tutte le varianti con altri di nuovo disegno, più bassi e di profilo più attenuato;
  • miglioramenti alle protezioni nella zona della seconda curva di Lesmo, mediante lo spostamento del “guardrail”;
  • creazione di una strada di servizio per i mezzi di soccorso che giunge fino alla curva del Serraglio.

Nel frattempo, fu ampliata la sala stampa, fu realizzata una terrazza con bar e il rinnovamento delle strutture continuò negli anni successivi;

  • 1982: Nuovo podio per la premiazione;
  • 1983: Ampliamento del paddock con l’aggiunta di 3.500 mq;
  • 1983-85: Sostituzione e copertura di tutte le tribune del rettilineo centrale ai lati della tribuna d’onore per un totale di 8.943 posti;
  • 1985: Rafforzamento dei dispositivi antinvasione lungo tutto il tracciato, modifica del raccordo junior con l’estensione delle zone di sicurezza in entrata e in uscita, ostruzione di un nuovo fabbricato del campeggio per l’accettazione, gli uffici e lo spaccio;
  • 1986: Ripavimentazione dei 20.000 mq del paddock, di cui 3.500 rivestiti con mattonelle ecologiche;
  • 1987 Rifacimento della copertura della tribuna di Lesmo, crollata dopo un’eccezionale nevicata;
  • 1988 Sostituzione delle tribunette della curva Sud con una nuova tribuna coperta capace di 2.500 posti;
  • 1988-89 Sostituzione di tutte le reti frenanti con barriere di pneumatici e la triplicazione di circa 3.000 metri di guard-rail.

Il Gran Premio d’Italia di F1 continuava a svolgersi sulla pista stradale di 5,8 km rimasta invariata nel tracciato dal 1976. Nel 1979 la Ferrari tornò alla vittoria con Scheckter alla media di 212,185 km/h, successo che gli diede il titolo di Campione del Mondo Conduttori di Formula 1.

Nel 1980 il Gran Premio d’Italia venne disputato sul circuito di Imola, con la vittoria di Piquet su Brabham.

Nel 1981 il Gran Premio tornò a Monza e fu vinto da Prost su Renault. La passione degli sportivi fu continuamente sollecitata dalla sfida tra Ferrari, Renault, Brabham, McLaren, Williams e altre famose scuderie che con le loro monoposto dotate di motori turbocompressi da un litro e mezzo di cilindrata determinarono un notevole incremento delle potenze specifiche e, quindi, un considerevole aumento delle medie generali. Se infatti nel 1982 Arnoux vinse il Gran Premio con la Renault a oltre 219 Km/h di media, nel 1987, dopo un costante aumento delle velocità anno per anno, si arrivò agli oltre 232 km/h con cui Piquet portò alla vittoria la sua Williams.

L’ultimo trionfo di un motore sovralimentato a Monza fu quello della Ferrari di Berger, seguito al secondo posto dal compagno di squadra Alboreto, nel 1988, proprio poche settimane dopo la scomparsa di Enzo Ferrari. Da segnalare in questi anni le tre vittorie di Piquet (nel 1983 su Brabham e nel 1986 e 1987 su Williams), di Lauda (nel 1984 su McLaren) e di Prost (nel 1985 su McLaren).

Altri importanti appuntamenti sportivi del periodo furono quelli con la classica Mille Chilometri – Trofeo Caracciolo, che fece registrare una supremazia delle Porsche tra l’83 e l’86 e della Jaguar nell’87 e ’88. Nel 1988 debuttò poi a Monza il Campionato Internazionale di F3000, una vera e propria anticamera della F1, e per quattro volte (1981, 1983, 1986, 1987) furono ancora di scena i bolidi a due ruote del campionato mondiale motociclistico di velocità con il tradizionale Gran Premio delle Nazioni che nelle cilindrate maggiori vide la conferma del predominio delle marche giapponesi (Yamaha e Honda) le cui mezzo litro a quattro cilindri riuscirono a superare i 190 km orari di media nel giro più veloce. Tra i piloti si distinsero quelli della scuola americana Roberts, Spencer e Lawson e l’australiano Gardner. La bandiera dell’industria europea venne tenuta alta dalle 125 italiane Garelli, e durante il Gran Premio del 1986 il vincitore Fausto Gresini raggiunse una media record sul giro di quasi 168 chilometri orari.

1989 — 1997

el 1989 si è potuto finalmente dare il via all’opera di ampliamento dei box e di potenziamento delle strutture per la stampa, da tempo richieste sia dalla FISA sia dalla FOCA. Il nuovo complesso box occupa un’area di 2532 mq e si sviluppa per una lunghezza di 196,30 metri, una larghezza di circa 12,90 metri e per un’altezza complessiva di due piani fuori terra. L’immagine è quella di una costruzione ad alta tecnologia e di notevole leggerezza visiva. L’inclinazione della parete totalmente vetrata sul fronte pista assolve tre importanti funzioni: evitare la riflessione della luce solare sulla pista e quindi l’abbagliamento dei piloti, diminuire la trasmissione del calore all’interno, permettere una più agevole visibilità della corsia box dove sostano le vetture.

Il sistema box è costituito da 48 elementi componibili mediante pareti mobili, atti a ospitare 16 team di 2 vetture di Formula 1. Al primo piano, completato nell’estate del 1990, vi è una sala stampa che può ospitare 370 giornalisti, con relativi uffici, locali per telefoni e telefax. Inoltre, accanto alla sala stampa c’è un’area attrezzata per ospitare 80 fotografi con locali sviluppo e deposito materiale. Altri 4 laboratori fotografici si trovano sulla copertura del primo piano. Al primo piano vi sono, inoltre, sale e uffici per le esigenze dell’organizzazione, per l’ospitalità e per altri servizi.

Nel 1989 sono stati effettuati importanti interventi per migliorare gli impianti tecnologici e nella tribuna centrale, dove c’era la tribuna stampa, sono state realizzate 36 cabine insonorizzate per telecronisti e radiocronisti, aumentate di 9 su struttura provvisoria nelle grandi manifestazioni. È stato poi ampliato il centro medico con 3 sale mediche e 2 di rianimazione.

Nell’ambito dei lavori di rinnovamento sono stati realizzati anche i nuovi uffici di direzione dell’Autodromo e sono stati ricavati uffici per la CSAI (Commissione Sportiva Automobilistica Italiana). Insieme alle strutture, sono stati potenziati o sostituiti anche gli impianti tecnologici e ne sono stati installati dei nuovi. Tra questi, il sistema integrato per la rilevazione, l’elaborazione e la trasmissione di dati, nonché per il controllo a distanza dell’impianto televisivo a circuito chiuso e per il collegamento dei telefoni di pista, con rinnovamento delle relative apparecchiature. Un sistema d’avanguardia che, attraverso una serie di 31 punti di rilevamento e due linee di cavi atti a trasmettere segnali in radiofrequenza, corre a fianco del tracciato e permette di fornire istantaneamente tutte le informazioni relative alle vetture in corsa (posizioni, velocità, analisi dei tempi giro per giro e per ogni sezione del circuito). L’integrazione di questo sistema informatico con il circuito chiuso televisivo consente di seguire automaticamente la vettura dai box su tutto lo sviluppo della pista. Questo servizio può essere realizzato per un numero massimo di 48 vetture che girano contemporaneamente in pista.

Sono gli anni di Prost, Senna, Mansell, Schumacher e Villeneuve. In particolare, nel ’97, Michael Schumacher si è presentato a Monza nelle vesti di leader del campionato del mondo piloti e con la Ferrari nella stessa posizione tra i costruttori, come non accadeva dal 1979, l’anno in cui Jody Scheckter vinse il Gran Premio d’Italia e poi il Campionato del Mondo. Un numero record di spettatori, circa 180 mila persone, ha assistito alle prove e alla gara che è stata vinta da David Coulthard con la McLaren Mercedes.

Per quanto riguarda la Formula 1, i record della pista appartengono a Jean Alesi, che nel 1997 ha conquistato la pole position alla media di 250,295 Km/h, e a Mika Hakkinen, che, sempre nel 1997, ha effettuato il giro più veloce della gara alla media di 244,929 km/h. Il record sulla distanza appartiene a David Coulthard con la media di 238,036 km/h.

Per quanto riguarda le vetture Sport, il ritardo nella costruzione dei nuovi box, dovuto alle difficoltà per ottenere le autorizzazioni, ha costretto ad annullare nel 1989 il Trofeo Caracciolo, ripreso poi dal ’90 al ’92.

Nel 1990 tornarono la F3000 e le motociclette del mondiale Superbike, che in seguito è diventato un appuntamento annuale fisso del calendario dell’Autodromo. In questo periodo continuarono le corse di F3 con il Gran Premio della Lotteria, quelle delle vetture Turismo e Superturismo del CIVT legate alla Coppa Carri, delle auto storiche della Coppa Intereuropa, delle piccole monoposto del Trofeo Cadetti di F Junior Monza, e infine delle vetture da rally.

Nel 1997 tornarono in pista le vetture Sport per una nuova edizione della Mille Chilometri – Trofeo Angiolini, mentre tra le categorie minori, terminata nel ’95 la serie della F Alfa Boxer e della F2000, si svolsero a Monza gare delle Coppe monomarca Renault, Ferrari e Porsche, del Campionato Italiano Prototipi, di slalom e gare “club” di motociclismo.

Inoltre, l’Autodromo continuava a essere un grande centro per il tempo libero e gli sport non motoristici tra cui la gara podistica non competitiva “Formula Uno”, il Festival polisportivo, gare per automodelli, gare ciclistiche, aste per automobile, una mostra-mercato di antiquariato e modernariato e una grande mostra di nuovi modelli di auto, denominata Motormonza, con possibilità di prove in pista.

1998 — OGGI

Nel biennio 1994-1995 la pista di Monza è stata nuovamente oggetto di alcuni interventi finalizzati all’adeguamento agli standard di sicurezza richiesti dalla FIA:

  • Ridefinizione del disegno della seconda curva di Lesmo, rifatta con una configurazione quasi “a gomito” e quindi con un raggio più stretto (36 metri) di quello precedente. In questo modo la velocità di percorrenza della curva è stata sensibilmente ridotta;
  • La curva Grande è stata spostata verso l’interno di una decina di metri e ciò ha comportato la riduzione dei suoi due raggi, passati da 325 e 450 metri, rispettivamente a 290 e 395 metri;
  • La variante della Roggia è stata anticipata di circa 50 metri in modo da posizionarla in un punto con margini laterali più ampi.;
  • L’intero tratto delle due curve di Lesmo, dall’ingresso della prima all’uscita della seconda (rettilineo di raccordo compreso) è stato anch’esso arretrato verso l’interno pista di una quindicina di metri per incrementare lo spazio di fuga.;
  • La prima curva è stata anch’essa stretta e il suo raggio è passato da 98 metri a 75, mentre la seconda, con un raggio portato a 35 metri, è rimasta pressoché identica a quella disegnata l’anno prima.

Dopo tutti gli “spostamenti” lo sviluppo totale del circuito è diminuito di 30 metri rispetto ai 5.800 di prima (ora è di 5.770 metri).

Altri lavori del biennio 1994-1995:

  • nuovo centro medico più ampio, moderno e più facilmente raggiungibile anche dai box;
  • eliporto di soccorso;
  • è stato riasfaltato e reso più piano e scorrevole il manto stradale nel tratto che corre dalla variante Ascari fino in prossimità della prima variante;
  • nuovi cordoli a bordo pista (in particolare quelli delle varianti Ascari e della Roggia);
  • è stato ampliato lo spazio di fuga della prima variante;
  • è stato alzato il muretto della corsia box di 50 centimetri.

I lavori, nel loro complesso, sono costati alla SIAS circa 5 miliardi e mezzo di lire. Per ogni albero tagliato è stata prevista la messa a dimora di tre alberi in altre zone dell’area dell’Autodromo per un totale di 555.

Nell’estate del 2000 è stata ridisegnata la prima variante che, da una “esse“ con curve sinistra-destra-sinistra, è stata trasformata in una doppia curva destra-sinistra più stretta e quindi più lenta. Il rettilineo tra l’ingresso e l’uscita della curva della Roggia è stato poi allungato di 10 metri. Questi due interventi hanno portato la lunghezza della pista stradale da 5.770 metri a 5.793 metri.

Il rinnovamento e l’ampliamento delle strutture dell’Autodromo sono continuati tra il 2001 e il 2003 con opere che ne hanno aumentato la funzionalità sotto l’aspetto sportivo e migliorato le capacità ricettive e di ospitalità. Il complesso dei box è stato allungato con una nuova campata di 50 metri, così da portare i box a disposizione delle scuderie da 48 a 60 e da ricavare nuovi spazi al primo piano per i vari servizi e per la direzione gara. Un’altra novità è stata rappresentata dall’ampliamento della sala stampa che ora è dotata di 540 postazioni per giornalisti oltre alle zone per l’ufficio stampa, per le telecomunicazioni e varie salette di servizio. La sala stampa è stata dedicata a Tazio Nuvolari, il grandissimo campione automobilistico e motociclistico di cui, nel 2003, ricorreva il cinquantesimo della scomparsa. È stato poi realizzato un nuovo paddock per le gare di supporto, alle spalle del paddock di F1, con ingresso in pista sul rettilineo centrale.
Tra le altre modifiche figurano l’allargamento di 4 metri della corsia box e lo spostamento del “villaggio” con i negozi, il bar e lo sportello bancario siti nell’ex padiglione Festival. L’area del vecchio villaggio fa ora parte del paddock, nel quale è rimasto l’edificio del ristorante che viene utilizzato, tra l’altro, come sala per i fotografi in occasione delle manifestazioni più importanti.

Dopo i radicali interventi attuati nel 1989-90 e nel 2001-2002, l’Autodromo ha cambiato totalmente la sua fisionomia diventando uno dei più belli e funzionali del mondo.

Per quanto riguarda le competizioni, è facile tratteggiare il mondo della Formula 1 all’inizio di questo secolo: una serie straordinaria di successi della Ferrari e del suo pilota Schumacher, che si sono aggiudicati tutti e cinque i titoli mondiali sia fra i Costruttori sia fra i Piloti. La Ferrari ha così conquistato nove titoli Costruttori dal 1958 (anno in cui fu istituito) e Schumacher sette. In questi ultimi anni il Gran Premio d’Italia è stato vinto due volte da Michael Schumacher (nel 2000 e nel 2003), una volta da Juan Pablo Montoya su Williams-BMW (nel 2001), e due volte dall’altro ferrarista Rubens Barrichello (nel 2002 e nel 2004).

Le velocità intanto sono salite. Nel 2003 Michael Schumacher ha vinto alla media di 247,585 chilometri orari, mentre Rubens Barrichello, nel 2004, ha stabilito il record sul giro in gara in 1’21” 046, alla media di 257,320 chilometri l’ora.

Monza si è in tal modo riconfermata come la pista più veloce del mondo. L’autentico Tempio della Velocità.